È importante il valore del brand e lo è tantissimo per marchi sportswear e di lusso. L’ingresso di un partner finanziario nel capitale di un brand del lusso può rivelarsi un vero e proprio acceleratore di crescita, ma a volte può avere anche dei risvolti negativi, ad esempio se l’azienda si lascia andare a investimenti sconsiderati e troppo rapidi se rapportati alle sue capacità.
Se ben amministrato l’ingresso nel capitale di un fondo di investimento o la quotazione in Borsa sono sinonimi di grande valore aggiunto per i brand del fashion. Negli ultimi anni ci sono aziende che hanno visto raddoppiare, se non triplicare il loro giro d’affari con incrementi dei margini a doppia cifrano raddoppiato, se non triplicato il loro giro d’affari, incrementando i margini. I grandi simboli del lusso nel report “Brand Finance Apparel 50 2022” riprendono quota nel ranking della società, emerge nel report “Brand Finance Apparel 50 2022”, con in testa Louis Vuitton in corsa con la velocità record di +58 per cento.
Il brand ammiraglio di LVMH ha registrato 23,4 Mld di dollari, contro i 14,9 Mld dell’anno precedente e i 16,7 del 2020, superando anche la maison di Gucci. La casa di moda di Kering resta sul podio ma, con un +16% e un valore di 18,1 Mld, arretra in terza posizione.
Sul podio quest’anno tra i marchi più forti c’è anche Dior, con un punteggio di 88,4%, ottenuto anche grazie all’interessante rebranding guidato dalla nuova vision “Dream in Dior” che mira ad attrarre anche un target più giovane.
Nella classifica anche parecchi marchi italiani: Moncler (passato però dal secondo all’ottavo posto), Ray-Ban, Bottega Veneta e Prada (che subisce una lieve flessione pur avanzando del 9 per cento).
Ma a brillare a sorpresa è il mondo dello sportswear, capitanato da Nike: al colosso Usa spetta la medaglia d’oro in quanto marchio di abbigliamento dal maggior valore al mondo, con i suoi 33,2 miliardi di dollari (+9%), anche se al di sotto dei 34,8 miliardi totalizzati nel 2020.
A giocare a favore dei marchi sportivi, le mutate abitudini di vita e acquisto dei consumatori, nel post-Covid molto più orientati all’abbigliamento informale. Basti pensare alle stime di crescita dell’intero segmento, che si prevede raggiungerà nei prossimi tre anni un giro d’affari di circa 500 milioni di euro.
Perde invece appeal, l’universo del fast fashion: eccezione fatta per H&M (+2,7%), è penalizzata Uniqlo (-26%), seguita da Zara in flessione dell’1% e Primark del 10 per cento.