Con lo scoppiare della guerra in Ucraina la risposta dei brand e il brand activism non hanno tardato a farsi sentire ed anche grossi brand internazionali come Coca-Cola e McDonald’s hanno deciso di muoversi e hanno deciso di sospendere le loro attività in Russia e tre inserzionisti pubblicitari su quattro hanno deciso di ridurre o tagliare del tutto le spese pubblicitarie dall’inizio della guerra.
Di giorno in giorno la lista di società, grosse, ma anche piccole realtà che decidono di rifiutarsi di commerciare in Russia aumenta vistosamente.
Un sondaggio della WFA(World Federation of Advertisers) di 31 brand che rappresentano in totale 43 miliardi di dollari di spesa pubblicitaria mostra che tre su quattro hanno riallocato, ridotto o semplicemente tagliato gli investimenti in Russia da quando ha iniziato a imperversare il conflitto.
La WFA sta ora esortando i brand che possiedono gran parte del mercato pubblicitartio a rivalutare attentamente i loro investimenti in media e marketing nel paese.
"Alla luce degli orribili eventi in Ucraina, l'industria globale del marketing deve parlare chiaro", dice il CEO di WFA Stephan Loerke.
Difficile capire per i brand cosa comporti realmente una chiusura totale seppur temporanea delle loro attività in Russia, soprattutto se in possesso di importanti investimenti nel paese.
La WFA dice che continuerà a lavorare con i membri e i partner della Global Alliance for Responsible Media (GARM) per garantire che gli investimenti pubblicitari non sostengano o monetizzino la disinformazione in questo momento.
Cambiano i tempi le aziende rispondono ad un nuovo attivismo da social: brand activism
I tempi sono cambiati. In passato, un’azienda poteva scegliere per quali problemi impegnarsi. Oggi non è più così. I consumatori, i clienti e l’opinione pubblica, in particolare Millennial e Generazione Z, chiedono a gran voce alle imprese di essere le protagoniste del cambiamento del mondo e del tentativo di risolvere i problemi più urgenti che affliggono la società.
Crisi di fiducia, emergenza climatica, disparità di reddito, pandemia globale e oggi guerra in ucraina, alle porte dell’Europa quella con la E e la U maiuscole.
Ormai i brand non possono più sottrarsi a questo tipo di giudizio e laddove imperversa un certo attivismo sia live che social le aziende non possono tacere.
I giganti FMCG, P&G e Unilever hanno già detto che fermeranno tutti i media e la spesa pubblicitaria in Russia attraverso i loro portafogli di marchi.
Martedì, Unilever ha rilasciato una dichiarazione che condanna la guerra in Ucraina come un "atto brutale e insensato da parte dello Stato russo" e il CEO Alan Jope ha confermato che il gigante FMCG ha sospeso tutte le importazioni ed esportazioni dei suoi prodotti dentro e fuori la Russia.
"Non investiremo ulteriori capitali nel paese né trarremo profitto dalla nostra presenza in Russia", ha detto Alan Jope. "Continueremo a fornire i nostri prodotti alimentari e igienici essenziali di tutti i giorni, prodotti in Russia, alle persone nel paese. Terremo queste attività sotto stretta sorveglianza".
Unilever aveva già messo in pausa le operazioni in Ucraina per concentrarsi sulla sicurezza dei suoi dipendenti e delle loro famiglie, donando 5 milioni di euro (4,1 milioni di sterline) di prodotti essenziali allo sforzo di soccorso umanitario.
Allo stesso modo, P&G ha sospeso tutti i media e la pubblicità in Russia, oltre a interrompere tutti gli investimenti di capitale. Sta anche "riducendo significativamente" il suo portafoglio di prodotti per concentrarsi su salute di base, igiene e articoli per la cura personale e dice che "continuerà a regolare" la scala delle sue operazioni russe come necessario.
Jon Moeller, presidente e CEO di P&G, ha detto: "I nostri cuori vanno a tutte le persone che sopportano l'indicibile tributo umano della guerra e condanniamo l'aggressione in qualsiasi circostanza".
P&G ha sospeso le sue operazioni in Ucraina per aiutare a proteggere la sua gente a livello locale. Sta offrendo assistenza per l'evacuazione e supporto finanziario e logistico, oltre a fornire cibo, riparo e prodotti essenziali al personale P&G nel paese.
Marchi esortati a sospendere le operazioni in Russia
Allo stesso tempo, marchi globali come Coca-Cola e McDonald's si sono trovati di fronte a critiche crescenti per non essersi ritirati dalla Russia. Gli hashtag #BoycottMcDonalds e #BoycottCocaCola erano entrambi di tendenza su Twitter all'inizio della settimana.
Martedì, McDonald's ha confermato che avrebbe temporaneamente chiuso i suoi 847 ristoranti in Russia in risposta alla "inutile sofferenza umana" che sta avendo luogo in Ucraina.
Il CEO Chris Kempczinski ha descritto la situazione come "straordinariamente impegnativa" per un marchio globale e ha detto che ci sono molte considerazioni da fare. La catena impiega 62.000 persone in Russia, che McDonald's ha detto che hanno "versato il loro cuore e l'anima" nel marchio, insieme a centinaia di fornitori e partner locali. La catena opera nel paese da più di 30 anni.
McDonald's ha detto che continuerà a pagare i salari completi per i suoi dipendenti ucraini e russi, e ha donato 5 milioni di dollari (3,8 milioni di sterline) al suo fondo di assistenza per i dipendenti. L'azienda possiede la maggior parte dei suoi punti vendita in Russia e combinati con l'Ucraina, questi luoghi rappresentano circa il 9% delle entrate (2 miliardi di euro) e circa il 2% delle vendite globali, riferisce la BBC. Tutti i 108 ristoranti ucraini della catena sono temporaneamente chiusi.
Anche la Coca-Cola è stata sottoposta a una crescente pressione per prendere posizione, dopo aver rifiutato in precedenza di ritirarsi dalla Russia. In seguito alle richieste di boicottaggio, il gigante delle bevande ha sospeso la sua attività nella regione e ha detto che i suoi "cuori sono con le persone che stanno sopportando effetti inconcepibili da questi tragici eventi in Ucraina".
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